martedì 29 novembre 2011

Iron Savior - "The Landing"

Titolo: "The Landing"
Autore: Iron Savior
Genere: Power Metal
Anno: 2011
Etichetta: AFM Records
Voto: 7
Sito internet:
www.iron-savior.com


Piet Sielck è un“geniaccio”. Nel giro di pochi anni si è costruito con gli Iron Savior una carriera di tutto rispetto, cavalcando inizialmente la rinascita del power nella seconda metà degli anni Novanta, riscuotendo successivamente un discreto successo grazie a ottimi dischi che li hanno consacrati al grande pubblico.
Purtroppo l’ultimo “Megatropolis” (2007) aveva lasciato in fans con l’amaro in bocca: un disco scialbo e spompato seguito da un lungo periodo di silenzio, durante il quale non sono più circolate notizie circa i progetti della band.
Poi di colpo a Settembre l’annuncio di un nuovo album, dopo meno di un mese il primo video su youtube e a fine novembre ecco “The Landing”, disco che rilancia alla grande gli Iron Savior, suonando tremendamente true metal ma sprigionando allo stesso tempo un tiro e una carica che da tempo non si sentivano.
La ricetta ormai la conosciamo, tuttavia i brani sono ispirati, carichi e potenti, pertanto è un grande piacere poter spingere l’acceleratore sulle note dell’opener “The Savior” o cantare a squarciagola “Starlight” (sulla quale aleggia lo spirito di Kai Hansen).
A metà strada troviamo “Heavy Metal Never Dies”, tributo di Sielck e soci al popolo dei metallari: un mid tempo massiccio tanto semplice quando tirato che dal vivo scatenerà un headbanging forsennato (forse il testo è un po’ pacchiano, ricorda un pò “To The Metal” dei Gamma Ray).
Sulla stessa onda emozionale si sfuna “R.U.Ready” (più hardrockeggiante), in cui la band ribadisce – qualore ce ne fosse bisogno – i dogmi del vero rocker citando titoli dei Grandi del passato tra cui Steppenwolf, Saxon e Judas Priest (da notare la somiglianza, credo/spero voluta, dell'assolo con il riff di "Breaking The Law").
Il trittico finale è costituito dalla veloce “Faster Than All”, la ballad “Before The Pain” e la conclusiva “No Guts, No Glory”, dove un hard rock festaiolo fa capolino per un brano divertente da cantare a tutta birra.
Da segnalare nell'edizione speciale due tracce bonus: "Coming Home" e "Atlantis Falling", riarrangiate per l'occasione, ma a mio avviso sono meglio le versioni originali.
Con “The Landing” gli Iron Savior hanno messo i puntini sulle i, scrivendo non il loro disco migliore forse, ma di sicuro il più sincero, convinto, e suonato con passione.
Così è, se vi pare.

Tracklist:

01. Descending
02. The Savior
03. Starlight
04. March Of Doom
05. Heavy Metal Never Dies
06. Moment In Time
07. Hall Of The Heroes
08. R. U. Ready
09. Faster Than All
10. Before The Pain
11. No Guts No Glory
12. Coming Home 2011 (Digipack Bonus Track)
13. Atlantis Falling (Digipack Bonus Track)

Lineup

Joachim "Piesel" Küstner- chitarra
Jan S. Eckert- basso
Piet Sielck - voce, chitarra
Thomas Nack - batteria

mercoledì 23 novembre 2011

Yes - "Fly From Here"

Titolo: "Fly From Here"
Autore: Yes
Genere: Progressive Rock
Anno: 2011
Etichetta: Frontiers Records
Voto: 7,5
Sito internet: www.yesworld.com


E’ proprio vero che “gallina vecchia fa buon brodo".
Dopo oltre 40 anni di onorata carriera, lo storico gruppo progressive Yes ritorna sulle scene con “Fly From Here”, disco bellissimo che ribadisce, qualora ce ne fosse bisogno, l’altissimo livello della musica da sempre proposta dagli Yes.
Della formazione originale rimane solo il bassista Chris Squire, ma ritroviamo comunque con piacere il grande Steve Howe alla chitarra, Alan White alla batteria, David Benoit dietro il microfono (Jon Anderson ha lasciato il gruppo nel 2008 per problemi di salute) più Oliver Wakeman e Trevor Horn, questi ultimi in qualità di ospiti.
Fin dalle prime note dell’”Overture” (che fa da intro alla suite “Fly From Here”) si viene rapiti da tipiche sonorità seventies che proprio gli Yes (insieme a grandi bands come Genesis, Emerson Lake & Palmer) hanno contribuito a creare.
Certo siamo un po’ lontani dalle composizioni pompose e intricate del passato, i brani sono piuttosto accessibili, tuttavia si rimane affascinati dall’alta qualità di ogni singolo brano. Gli arrangiamenti sono molto curati, i suoni nitidi, perfetti, specialmente per quanto riguarda la chitarra di Steve Howe, che regala arpeggi d’atmosfera ed assoli di classe di grande intensità, come in “Sad Night At The Airfield” (la terza parte della suite), uno dei pezzi migliori. Come ornamento, delicati tappeti di tastiere su cui si staglia la voce pacata di Benoit, per un risultato davvero ottimo
Il disco scorre via senza intoppi con piacere (da segnalare il simpatico brano strumentale per sola chitarra “Solitaire”) trasportando l’ascoltatore in un’oasi di pace e infondendo davvero la voglia di volare.

Tracklist:

1) Fly From Here
        I)Overture
        II)We Can Fly
        III)Sad Night At The Airfield
        IV)Madman At The Screens
        V)Bumpy Ride
        VI)Reprise
2) The Man You Always Wanted Me To Be
3) Life On A Film Set
4) Hour of Need
5) Solitaire
6) Into the Storm

Lineup

Benoît David: voce
Steve Howe: chitarra
Chris Squire: basso, voce
Alan White: batteria, percussioni
Geoff Downes: tastiera

Musicisti aggiuntivi

Oliver Wakeman – tastiera in We Can Fly, We Can Fly (reprise) e Hour of Need
Trevor Horn – voce, tastiera
Luís Jardim – percussioni
Gerard Johnson – pianoforte in The Man You Always Wanted Me To Be'

sabato 19 novembre 2011

Dream Theater - "A Dramatic Turn Of Events"

Titolo: "A Dramatic Turn Of Events"
Autore: Dream Theater
Genere: Progressive Metal
Anno: 2011
Etichetta: Roadrunner Records
Voto: 6,5
Sito internet: www.dreamtheater.net


Il ritorno dei Dream Theater con il nuovo batterista Mike Mangini è di sicuro uno degli eventi più chiacchierati (e drammatici, parafrasando il titolo del disco) di questo 2011.
La perdita di Mike Portnoy, membro fondatore che per oltre vent’anni ha dato anima e corpo alla sua creatura, ha suscitato paura e curiosità nei fan e negli addetti ai lavori che per mesi hanno seguito su internet le vicende interne della band, soprattutto quelle riguardanti le audizioni per la scelta del nuovo batterista.
Alla fine, tra dichiarazioni varie, pentimenti (!?!) e "toto candidati", la scelta è caduta su Mike Mangini (come da rumors che da diverso tempo circolavano in rete), talentuoso drummer che vanta collaborazioni con Steve Vai, Annilhator, Extreme, e altri.
Sostituire Portnoy era un’impresa praticamente impossibile, e in effetti l’impressione che si ha ascoltando il nuovo “A Dramatic Turn Of Events” è che Mike Mangini non sia riuscito nel compito di “degno successore”. Ma andiamo per ordine.
Innanzitutto c’è da dire che musicalmente questo disco si allinea perfettamente alle uscite più recenti dei Dream Theater, meno metal e, purtroppo, anche sempre meno progressive.
Se il precedente “Black Clouds & Silver Lightnings” brillava per l’eccellente qualità dei brani (nonostante la carenza di parti sperimentali o prettamente progressive), quest’ultimo lavoro denota una carenza compositiva a livello generale. Ciò significa che se il disco non convince non è colpa del Nuovo Arrivato, bensì della band nell'insieme.
Le parti di chitarra sono piuttosto lineari e stantie (era da “Train Of Thouhgts” che non sentivo un Petrucci così poco ispirato); Rudess farebbe prima a comprare un pianoforte a coda visto l’uso massiccio di parti da pianista classico piuttosto che da tastierista prog; mentre la prestazione di Labrie passa praticamente inosservata, non essendoci passaggi degni di nota. Anzi, c’è un ripetuto uso del cantato “sussurrato/respirato” che mal si sposa con melodie semplici e stra-sentite, specialmente nelle ballads.
Di Myung al basso non c’è molto da dire, mentre Mangini svolge il suo lavoro con precisione senza eccedere in particolari virtuosismi.
Questa “stanchezza compositiva” la si avverte fin dall’iniziale “On The Back Of Angels” (primo singolo estratto), su “Lost Not Forgotten” (uno dei brani peggiori, in cui i Dream Theater si sforzano a suonare prog eseguendo virtuosismi tanto per fare, ottenendo appunto un brano sforzato) o nelle ballads “Far From Heaven” e “Beneath The Surface”.
Per fortuna ci sono anche momenti positivi come “Bridges In The Sky”, “Outcry” e “Breaking All Illusions” (quest’ultima davvero bellissima, senza dubbio la migliore del lotto, la cui struttura mi ricorda in alcuni punti quella di “Learning To Live”) in cui i nostri tirano fuori le palle e dimostrano di saper ancora creare brani ispirati come ai vecchi tempi.
Purtroppo tre brani non bastano a risollevare le sorti di un disco dal quale, comunque, era oggettivamente difficile aspettarsi un capolavoro.
E mentre si cerca di dare fiducia a una band che ha subito una “drammatica svolta negli eventi”, Mike Portnoy piange a destra e a sinistra dichiarando di quando sia infelice senza i Dream Theater…mah, noi non possiamo fare altro che goderci il prossimo tour e sperare nel prossimo album.

Tracklist

1. On the Backs of Angels - 8:46
2.Build Me Up, Break Me Down - 6:59
3.Lost Not Forgotten - 10:11
4.This Is the Life - 6:57
5.Bridges in the Sky (*) - 11:01
6.Outcry - 11:24
7.Far from Heaven - 3:56
8.Breaking All Illusions - 12:25
9.Beneath the Surface - 5:26

Lineup

James Labrie - voce
John Petrucci - chitarra
Jordan Rudess - tastiere
John Myung - basso
Mike Mangini - batteria

giovedì 17 novembre 2011

Derek Sherinian - "Inertia"

Titolo: "Inertia"
Autore: Derek Sherinian
Genere: Keyboard hero/progressive
Anno: 2001
Etichetta: InsideOut Music
Voto: 7,5
Sito internet: www.dereksherinian.com


Dopo la dipartita dai Dream Theater Derek Sherinian non si è certo perso d’animo, anzi, si è rimboccato le maniche inaugurando una carriera solista di tutto rispetto (ad oggi sono le uscite a suo nome, quattro relative al progetto Planet X, più una marea di collaborazioni con musicisti del mondo rock/prog) che ha definitivamente cancellato l’astio e le critiche che fan e stampa gli avevano spesso dimostrato durante la permanenza nei Dream Theater.
“Inertia” è il secondo disco solista di Derek, pubblicato nel 2001 a distanza di due anni dal primo Planet X.
I “collaboratori” non hanno certo bisogno di presentazioni: alla chitarra troviamo Zakk Wylde e Steve Lukather, alla batteria Simon Phillips, al basso Tom Kennedy, Tony Franklin e Jimmi Johnson.
Fin dal primo ascolto il disco appare fresco e vario: si passa da brani duri come “Frankesnstein” o “Evel Kneivel” ad altri più pacati e da atmosfera come “Mata Ari” (che non sfigurerebbe per niente in una compilation di Café del Mar), fino a brani più tecnici e prettamente prog come “Astroglide” e “What A Shame”. Da sottolineare comunque come tecnica e melodia vengano sapientemente miscelati senza mai prevalere l’uno sull’altro. Di fatto mancano brani puramente tecnici (un pregio, a mio avviso) e ne consegue una facile assimilabilità già dopo un paio di ascolti e una generale atmosfera di “calore”. Altro punto a favore è la durata dei brani, mai oltre i sette minuti di durata (tutto il contrario di alcuni guitar/keyboard hero, come ad esempio il collega Jordan Rudess, che puntano troppo sulla mera esecuzione tecnica di brani di oltre dieci minuti, rinunciando di fatto al feeling).
La varietà dei generi proposti mette in mostra le doti di Derek, abile nel “maneggiare” suoni e strutture moderne che si amalgamano alla perfezione a sequenze più classiche. Troviamo dunque begli assoli, veloci e sperimentali, ma anche morbidi tappeti musicali e momenti soffusi e accennati tipici dai sapori jazz, funky e ambient.
In definitiva un gran bel disco, un grande artista, una grande conferma!

Tracklist:

Inertia
Frankenstein
Mata Hari
Evel Kneivel
La Pera Loca
Goodbye Porkpie Hat
Astroglide
What a Shame
Rhapsody Intro
Rhapsody in Black

Lineup

Derek Sherinian - tastiere
Zakk Wylde - chitarra
Steve Lukather - chitarra
Simon Phillips - batteria
Tony Franklin - basso
Tom Kennedy - basso
Jimmy Johnson - basso